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tra i segni di una comunità

Per Sandro
introduzione al volume " Tra i segni di una comunità nella Venezia di Sandro Zen"

Circa due anni fa, il 13 dicembre 2004 dopo una lunga malattia, moriva Sandro Zen grafico e docente dell’Accademia delle Belle Arti di Venezia.
Per ricordarlo, con un gruppo di amici, abbiamo pensato di realizzare questo volume che oltre ad illustrare il contributo dato da Sandro allo sviluppo della grafica nella città di Venezia, raccogli alcuni contributi, e ricordi, sul suo impegno culturale.
Rivedere il lavoro di un grafico significa anzitutto ripercorrere i segni che hanno caratterizzato le trasformazioni di un comunità, manifesti che hanno promosso iniziative culturali o marchi che hanno rafforzato l’identità di enti e istituzioni. Nel caso di Sandro Zen significa riscoprire l’autore dietro a segni ormai consolidati anche nell’immagine urbana, come il marchio della Cassa di Risparmio di Venezia, uno dei tanti lavori da lui realizzati negli oltre trent’anni di attività.
Ma appartengono al lavoro di Zen, per fare solamente alcuni esempi, anche marchi e manifesti per la Fondazione Scientifica Querini Stampalia, Palazzo Ducale, la Biennale di Venezia, l’Università degli studi Ca’ Foscari, la Fondazione Venezia, così per tante altre istituzioni come il Comune e la Provincia di Venezia, e la Regione Veneto.

Personalmente ho conosciuto Sandro alla fine degli anni sessanta in una riunione di un “gruppo verticale” dello IUAV, dove, con una felice formula didattica poi svanita come tante altre idee innovative, lavoravano studenti di architettura di anni diversi.
Era una riunione serale con Giovanni Astengo  e intorno al tavolo c’era uno studente, più anziano di me, che dormiva serenamente e che mi dissero chiamarsi Zen.
In seguito ci siamo frequentati poco; lui era andato in Algeria e aveva lasciato l’università io ero rimasto ai Tolentini, Ca’ Tron... Terese.
Abbiamo ripreso a frequentarci molti anni dopo passando, con figli e amici, felici capodanni a Carezza praticando insieme un maldestro sci da fondo mentre gli altri sciavano veramente.
Lì ho scoperto una delle tante passioni, trasformate in capacità altamente professionali, di Sandro: la cucina.
Pur occupandoci entrambi, anche se con interessi diversi, di grafica e comunicazione visiva, raramente abbiamo parlato di questi argomenti in un rapporto di amicizia che prescindeva totalmente dai nostri ambiti di lavoro.
Fu in occasione  della preparazione di un’iniziativa su Aldo Manuzio che gli chiesi dei consigli, scoprendone una aspetto che ignoravo: la profonda conoscenza, e passione, che aveva nei confronti della storia della cultura grafica e del suo intreccio con la pittura e la letteratura.
Il suo lungo e ricco racconto sullo stampatore di Erasmo da Rotterdam si concluse con un consiglio: “leggi la storia di Manuzio perché ti ci ritroverai. Manuzio aveva come suocero, tal Torresani, un cittadino di Asola ! “, mi disse con il suo classico sorriso coronato dai folti cappelli bianchi, ricordandosi delle origini di mia moglie.

Sandro era curioso, stimolante e … tante altre doti ma aveva un difetto, un grande difetto per chi cerca di confrontarsi con il suo lavoro di grafico: non conservava con sistematicità il proprio lavoro.
Traslochi di studi, case ed altro hanno fatto sì che non si sia riusciti a ricostruire con completezza il suo lavoro.
Sulle “tracce” di ciò che resta si è mossa Fiorella Bulegato cercando e raccogliendo i materiali, incontrando persone che avevano lavorato con lui, e ricostruendo una possibile storia della sua attività, scritta con il giusto distacco di chi, come lei, non lo aveva conosciuto. Il contributo di Sandro Galante e Carlo Montanaro, come i brevi testi di Gaetano Pesce, Giorgio Busetto e Stefano Quarta cercano invece di arricchire queste tracce con ciò che è più importante: i personali ricordi di un amico.

Carlo Montanaro partendo dalla  “divisa” di Sandro “ giacca di tonalità pastellose tendenti allo scuro, panciotto o gilet biricchini, a quadratoni o di colori accesi, papillon. Proprio la divisa da architetto anche se nella versione designer ” ci ricorda uno dei suoi impegni più importanti: la didattica.
Un settore che troppo spesso tendiamo a sottovalutare riflettendo sul lavoro di autori come Sandro: l’impegno, il tempo e la passione, che hanno dato all’insegnamento.
Un lavoro meno rappresentabile di un manifesto, o di un progetto, ma che molto spesso lascia, nei fortunati allievi, una ricchezza culturale incalcolabile.
Ma anche il Sandro grafico, o meglio comunicatore, che viene tratteggiato nel ricco contributo di Sandro Galante, e negli altri ricordi, ci viene riproposto per l’aspetto che maggiormente lo caratterizzava: “la sua grande affettività, per cui egli si proponeva sempre occupando una grande spazio ideale, senza per questo essere invasivo” per usare le parole di Giorgio Busetto.

Nel dare un “ordine” ai materiali visivi che siamo riusciti a recuperare abbiamo evitato di seguire la logica temporale, che avrebbe eccessivamente evidenziato il “buco” degli anni ottanta che aveva visto una ricca partecipazione di Sandro a quella intensa stagione della “grafica pubblica” che, soprattutto a Venezia, aveva portato i vari assessorati del Comune a coinvolgere grafici di diverse generazioni. Ma ci è stato impossibile recuperarne le tracce perché distrutte o forse “conservate” in depositi inaccessibili.
Abbiamo pertanto  preferito riaccorpare i vari materiali in tre grandi aree: il lavoro per le istituzioni culturali, il lavoro per i clienti privati e il lavoro per associazioni politiche e sociali dove difficile, se non giustamente impossibile, è separare il Sandro professionista della comunicazione dal Sandro impegnato a dare un contributo concreto al successo di progetti e proposte  a cui collaborava con costante autonomia di pensiero.
L’immagine che ne emerge esprime, credo con chiarezza, l’articolazione del lavoro uscito dallo studio di Sandro “quel particolare laboratorio di pensiero e di artigianalità, dove” come ci ricorda Quarta “tutta la città aveva sempre occasione di passare”.
Un laboratorio di pensiero e di artigianalità che, diversamente da altri studi veneziani, si è caratterizzato come una “agenzia” che affronta, e risolve, l’arco complessivo dei problemi che si pongono nel processo comunicativo.

Credo che spetti a me fare i ringraziamenti, anche a nome del gruppo che ha promosso questa iniziativa, e quindi ringraziare: Fiorella Bulegato, Sandro Galante, Carlo Montanaro, Giorgio Busetto, Stefano Quarta e Gaetano Pesce, per le parole scritte ed Enrico Camplani e Gigi Pescolderung per la maestria con cui hanno saputo porgere le tracce visive del suo lavoro.
Un ringraziamento va anche a Maria Elena Cazzaro, Neda Furlan,Federico Zen, Stefano Amurri, per l’aiuto che hanno dato per ritrovare ricordi e materiali.
Ma un ringraziamento personale, e particolare, va a Maria, senza la cui decisa volontà sicuramente non saremmo riusciti a realizzare questo piccolo omaggio e a Sandro per quelle poche, ma ricche e felici ore, passate insieme.