il coefficiente contrada Omerelli
ottobre 2008
Secondo la tesi che vorrei sostenere il “coefficiente contrada Omerelli”, che in seguito cercherò di spiegare, è una delle potenziali risorse a disposizione della Repubblica di San Marino per offrire un futuro alle prossime generazioni e consolidare un ruolo internazionale già affermato.
Due premesse
1. (per i non sammarinesi) contrada Omerelli è una delle strade centrali, tra le più belle di San Marino città; inizia dove si fronteggiano il Museo di Stato e la sede della Cassa di Risparmio e termina al Monastero di Santa Chiara, sicuramente uno dei luoghi più affascinanti del piccolo stato sul monte Titano.
Lungo la via si affacciano Segreterie di Stato (ministeri), esteri, cultura … e nel Monastero da quattro anni ha sede il Corso di laurea in Design.
2. (per tutti) Il coefficiente di cui ragioniamo anche se prende il nome da questa bella “contrada” è riferibile all’insieme del territorio sammarinese, alla sua ridotta superficie e alla sua storica autonomia.
A San Marino, il 2008 sarà ricordato come l’anno della ricerca sul proprio futuro.
Molti investimenti in ricerche e previsioni sono stati fatti per capire quali sono le potenzialità (i futuri?) della Repubblica. Esiste un quadro ormai chiaro dei diversi percorsi da intraprendere per operare una svolta rispetto al modello di sviluppo fino ad oggi perseguito, che inizia a dimostrarsi fragile, se non superato.
Da queste analisi, spesso analoghe a molte ricerche sviluppate anche in Italia, emerge un quadro che ”ovviamente” mette in evidenza la necessità di “fare sistema”.
Mentre in Italia questa esigenza si scontra con la complessità di un tessuto economico e sociale che rallenta ogni spinta in questa direzione, a San Marino, la stessa esigenza, si confronta con una realtà che è già storicamente “sistema” nella sua invidiabile autonomia di piccolo Stato.
Il “coefficiente contrada Omerelli” in fondo è tutto qua: la rapidità con cui San Marino può essere sistema anticipando i processi e le scelte degli altri giocatori, in questo processo di globalizzazione sempre più selvaggio e incontrollabile.
La rapidità decisionale è oggi un valore aggiunto fondamentale che troppo speso viene sottovalutato.
Se a questa rapidità si aggiunge la possibilità di far agire in parallelo tutte le reti di cui si è nodo strutturato, siamo davanti ad una vera e propria risorsa “spendibile” sul mercato internazionale.
Uno dei limiti, sempre più presente nei processi decisionali, è che mentre ogni ente, o istituzione, riesce a dialogare anche a livello internazionale con gli altri nodi della rete a cui appartiene, università con università, musei con musei ecc, le difficoltà, o i rallentamenti, nascono quando a livello locale è necessario far interagire soggetti che appartengono a reti diverse.
Quando cioè ci si scontra con quella frantumazione di competenze e responsabilità che caratterizza la metropoli nello stato moderno.
La grande vittoria del riconoscimento da parte dell’UNESCO di San Marino come patrimonio dell’umanità è forse anche il risultato delle potenzialità che questa risorsa può dare, sapendola utilizzare con intelligenza e passione.
Sicuramente un risultato del “coefficiente contrada Omerelli” è la partecipazione della Repubblica di San Marino alla Biennale di Venezia. La rapidità con cui i vari enti ed istituzioni hanno aderito ad una idea come quella dell’”Atelier Rwanda”, nata in fase di definizione del programma della mostra per Venezia, ha permesso di trasformarsi un idea in un vero e proprio programma operativo.
Aprire in Rwanda un laboratorio dove trasferire innovazione e sperimentare tecniche, progettuali e produttive, legate all’esigenza di quel continente, non è solamente uno stimolante obiettivo culturale per una università che voglia rafforzare il proprio ruolo etico nel campo della formazione e della ricerca, ma anche una importante occasione per costruire un diverso, e più incisivo, ruolo internazionale della Repubblica di San Marino, guardando operativamente alle esigenze dei paesi del sud del mondo.
Rispetto alle trasformazioni in atto a livello internazionale, la Repubblica di San Marino, nella sua autonoma capacità decisionale può acquisire un ruolo sempre più importante nel fondamentale ambito della ricerca e dell’innovazione.
Un ruolo internazionale attivo reso possibile, non solamente dalle “rapidità decisionali”, ma anche dalla minima incidenza di interessi produttivi locali in un settore, come quello della ricerca, che deve essere libero di guardare alle esigenze generali del pianeta, senza eccessivi condizionamenti dai vincoli produttive di breve periodo.
Il trasferimento di progettualità tra nord e sud è, del resto, sempre più chiaramente, l’unica condizione per avviare un’innovazione che si confronti, realmente, con la riduzione delle risorse e le esigenze di una popolazione sempre più estesa.
L’ipotesi del Parco scientifico, se realizzato in un’ottica non localistica, così come la stessa Università degli Studi, potrebbe diventare strumento di questo diverso, e più incisivo, ruolo di San Marino nei confronti della comunità scientifica e produttiva internazionale.
Per fare solo un esempio: la localizzazione nel Parco scientifico, di un “Laboratorio internazionale per la valorizzazione dei materiali naturali ed il loro tracciamento” sarebbe un’occasione che oltre a rispondere alle esigenze di importanti settori produttivi lo caratterizzerebbe come polo di ricerca internazionale valorizzando il possibile ruolo “super partes” della Repubblica.
In questa prospettiva, per quanto riguarda l’università, credo che a questo punto della sua crescita si pongano due possibili scenari di sviluppo.
1. Mantenere l’attuale rapporto privilegiato, se non totalizzante, con l’Italia, rischiando di essere coinvolta nella profonda crisi che ha investito negli ultimi anni l’università italiana.
Una crisi che, nel prossimo anno accademico, evidenzierà tutta la sua gravità: a livello finanziario, organizzativo, accademico, formativo ecc. fino al rischio di una sua trasformazione in forma privatistica seguendo la soluzione della sua rinascita in Fondazioni.
Tanti piccoli “atenei” trasformati in “fondazioni” che non è chiaro chi alimenterà economicamente.
Come minimo l’Università di San Marino inseguendo, tramite convenzioni con atenei italiani, il valore legale dei titoli di studio, e pescando dal bacino confinante i propri studenti, rischia di seguire il processo di provincializzazione dell’università italiana diventando “una” delle tante sedi decentrate di un sistema formativo sempre più parcellizzato e licealizzato.
2. Svilupparsi prendendo atto che i confini della Repubblica di San Marino non rappresentano solo lo stato italiano ma l’Europa e gli alti continenti che hanno sempre più esigenze di ricerca e formazione.
Così come quando fu fondata l’università a San Marino, l’obiettivo non era quello di riprodurre modelli confinanti ma promuovere un’istituzione culturale che con questi dialogasse valorizzando la propria autonomia nella ricerca di una diversa specificità, così oggi l’università sammarinese dovrebbe confrontarsi con le più dinamiche istituzioni universitarie europee, ed extraeuropee, ricercando, e costruendo con passione, un ruolo internazionale che solo la storica autonomia di questa comunità può permettersi di avere come obiettivo nella piena coscienza delle proprie potenzialità.
Ovviamente, come in tutti i programmi, il problema è non solo la capacità di avviare le iniziative, ma di realizzarle e gestirle facendole crescere nel tempo.