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bello e anche utile

marzo 2008 | SMUD 3

Bello e anche utile non è un binomio inconciliabile, anzi è una delle strade da percorrere per superare l’attuale “bulimia” consumistica.
Riprendendo una recente intervista ad Alberto Meda,  bello e anche utile: “ è la combinazione ideale del design delle origini che pensava a risolvere i problemi, guardando alla funzione e al rapporto degli oggetti con l’uomo.
Per anni i progettisti hanno abbandonato quella strada per rispondere più ai desideri che non ai bisogni. Di qui i molti prodotti narcisistici, autoreferenziali e futili.
Credo che ora ci sia la volontà di riappropriarsi dei propri scopi: il design torna a occuparsi della vita. Creando soluzioni utili e sostenibili, ma non per questo brutte.”
Pensando a risolvere  problemi reali nascono le recenti iniziative, promosse dal corso di laurea in disegno industriale di San Marino, che pubblichiamo in questo terzo numero di SMUD.

Il concorso “Lo spazio di un sorriso”.
Nel’inverno del 2007 due cooperative sociali,  la Astu che lavora con l’Ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) e la Piero & Gianni del Gruppo Abele di Torino, che lavora nell’ambito dei programmi di recupero dei tossicodipendenti, hanno deciso di mettere assieme le proprie risorse per avviare una ricerca di elementi di arredo che esprimano marcatamente il “concept relazionale” e che possano essere sottoposti all’interesse di enti e imprese consapevoli e attente a questi possibili prodotti.
I responsabili delle cooperative si sono rivolti al nostro corso di laurea per ragionare su una possibile collaborazione per sviluppare questa ricerca.
Dopo scambi di corrispondenza  per valutare  le possibili opzioni di un concorso per studenti, o un laboratorio dedicato a queste problematiche, in una riunione nel febbraio del 2007, abbiamo  deciso di bandire un concorso ad inviti, riservato ai nostri collaboratori alla didattica, proponendo come tema concorsuale:  elementi di arredo e gioco-arredo per bambini costretti a degenza ospedaliera.
Un concorso leggermente fuori dagli schemi di questi eventi, senza anonimati e complessità procedurali, perché non è stata solo un’occasione per collaborare con le cooperative sociali, ma anche per avviare un diverso rapporto tra i nostri collaboratori  perseguendo l’idea che la scuola non sia solo un luogo di rapido transito per lezioni ma, e sempre più, un luogo di confronto e intervento culturale che, in questo caso, aiuti realmente a costruire  “ lo spazio di un sorriso” per i bambini costretti a degenza ospedaliera.
Al concorso hanno partecipato nove giovani designers che collaborano con l’Università di San Marino: Daniela Bigon, Massimo Brignoni, Elisabetta Di Bucchianico, Stefano Fariselli, Tommaso Lucinato, Dario Oggiano, Irene Pasina, Mauro Paialunga e Francesco Tencalla.
I risultati di questo programma, presentati da Giorgio Gaino, che insieme a Riccardo Varini ne ha coordinato l’organizzazione, dimostrano la ricchezza di idee che possono nascere quanto si supera l’ostinata ricerca del nuovo per il nuovo e ci si confronta con delle esigenze reali.
Tavoli, comodini, cassettiere ed elementi per gli spazi comuni si trasformano sviluppando una versatilità non solo funzionale ma anche figurativa.
I comodini e i tavoli diventano teatrini o nascondigli, giraffe sorridenti seguono i bambini portando flebo in spazi comuni dove ci si può sedere su  panche-pesci; pillole, cerotti, siringhe e sagome dei medici, i “segni” della paura del dolore, diventano occasioni per rendere più gradevoli i lunghi spazi di tempo da trascorrere nella struttura ospedaliera.
Un tentativo, secondo Francesco Tencalla, di “restituire una relazione di normalità, quasi il complemento diventasse occasione per riavvicinarsi” o, come propone Daniela Bigon, “ridurre se non eliminare la distanza psicologica che separa il bambino dagli elementi reali o mentali associati alla malattia e alla sofferenza” considerando che, come ci ricorda Mauro Paialunga, “da piccoli è tutto un gioco e non bisogna essere seri, non è vero che bisogna fare i grandi...è molto più divertente e molto più serio fare i bambini”.

San Marino settembre workshop 2007
I workshop di settembre rappresentano l’elemento di maggiore originalità del modello didattico avviato a Treviso che, negli ultimi anni, abbiamo sviluppato anche a San Marino.
Una settimana di intenso lavoro dove studenti, di vari anni di corso, si mescolano coordinati da designers chiamati a San Marino per arricchire la nostra offerta didattica ed estendere il confronto su tematiche che riteniamo debbano essere al centro dell’impegno culturale di una università che voglia rafforzare la propria utilità sociale.
Continuando l’esperienza del 2006, che aveva visto una quarantina di studenti seguiti da Marco Ferreri, Giulio Iacchetti, Alessandro Pedron e Nicola Ventura confrontarsi col problema dell’ampliamento dell’utenza, nel 2007 i workshop di settembre hanno affrontato il tema del design per il miglioramento sociale.
Circa 120 studenti organizzati in sei gruppi di lavoro coordinati da Kali Nikitas, Tara Hanrahan e Gianni Sinni, per i progetti di comunicazione visiva, e Angela Lopez, Valerio Vinaccia e Marco Zito, per i progetti di design del prodotto, si sono misurati con la ricca articolazione dei problemi concernenti il miglioramento sociale che avevamo anticipato nel precedente numero di SMUD presentando l’insieme delle iniziative che costituivano il primo San Marino Design Week.
Fra queste iniziative la conferenza internazionale Design oltre i confini dello sviluppo, organizzata come introduzione ai workshop, è stata un’importante occasione per approfondire, e riflettere, sulle potenzialità del design, o più in generale della cultura del progetto, nei confronti delle esigenze delle popolazioni del sud del mondo.
Il Centro Salam che Emergency ha realizzato in Sudan nella periferia di Karthoum, illustrato alla conferenza dal suo progettista Raul Pantaleo, può essere preso come simbolo non solo di queste potenzialità ma anche del superamento delle vecchie logiche che hanno caratterizzato la cooperazione internazionale.
Realizzare in quelle parti dell’Africa un centro sanitario d’eccellenza dotato delle più moderne tecnologie e “scandalosamente bello” significa non solo rivendicare il diritto di tutti ad una salute gratuita ma anche alla qualità delle scelte progettuali: al bello oltre che all’utile.
Su questa linea di ricerca, che guarda anche alle potenzialità dell’innovazione in contesti drammaticamente arretrati, si sono mossi i lavori dei workshop coordinati da Marco Zito su
“Acqua, due atomi di idrogeno e uno di ossigeno” e da Angela Lopez su “Design delle differenze parallele” mentre Valerio Vinaccia lavorando sulle produzioni locali ha posto come tema  la “valorizzazione delle diverse identità, nel rispetto di quel dialogo e confronto tra tradizione e presente, tra "spontaneo" e "razionale" che deve essere condizione di ogni trasformazione”.
Sul versante della comunicazione visiva i tre workshop hanno invece esplorato alcune delle più importanti tematiche che caratterizzano oggi la progettazione grafica che si confronta con i problemi del sociale.
Kali Nikitas e Tara Hanrahan proponendo occasioni per approfondire la responsabilità sociale del designer grafico nelle attuali condizioni della società e Gianni Sinni lavorando sull’affascinante tema dell’analfabetismo. Come Sinni chiarisce nel testo che introduce i lavori “per chi si occupa di comunicazione affrontare il problema dell’analfabetismo significa mettere in discussione le basi stesse del proprio linguaggio. Ciascuno dei lavori grafici così sviluppati ha costituito un tassello per la costruzione di quello “spazio analfabetico”, completato da un’installazione ambientale, in grado di rendere esperibile, in maniera immersiva ed empatica, il significato del termine illetterato.”

Pensando a risolvere  problemi reali  forse l’università riesce a superare quella eccessiva chiusura professionalizzante, che in questo ultimo decennio ha negativamente caratterizzato molte delle esperienze didattiche anche più avanzate, e a confrontarsi con la portata etica delle scelte progettuali.
Come ha sottolineato Carlo Magnani, rettore dell’Università Iuav di Venezia, nell’ intervento di apertura della conferenza Design oltre i confini dello sviluppo “davanti alle condizioni di incertezza che caratterizzano il presente le università devono tornare ad essere luogo di pensiero critico “