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San Marino 20 marzo 2019

 

Design e città del futuro

Tra design per la cittadinanza e l’inclusione e design riparativo

Gaddo Morpurgo

 

Due premesse

Prima premessa: Il ruolo culturale del design italiano oltre il made in Italy.

Seconda premessa: Futuro. Ma di quale futuro parliamo ?

Precarietà, minaccia e irregolarità stanno definendo le caratteristiche della vita contemporanea. L'instabilità del clima non è più limitata ai numeri e alle formule astratte.

Il degrado ambientale e il degrado umano ed etico sono intimamente connessi.

 

Design e città del futuro

La compresenza dei termini “design” e “città” ci riporta alla memoria, quasi inevitabilmente, il celebre slogan del movimento moderno “ Dal cucchiaio alla città”. La stessa impostazione vale, sia per il cucchiaio che per la città, dal momento che il metodo per affrontare entrambi è esattamente il medesimo. Quello che cambia è la scala dell'intervento.

Vale ancora oggi tutto ciò ?

Valgono ancora i principi metodologici dell’unitarietà dell’approccio  al progetto, è invece venuto meno, o entrato fortemente in crisi, il concetto di “scala di intervento”.

Oggi valori come “piccolo” e “grande” “micro” e “macro”, i caratteri puramente dimensionali, che appartengono classicamente al concetto di “scala di intervento” sono secondari, se non marginali, rispetto a valori come “complessità”, “temporalità”, “interazione”, “immaterialità” ecc.

 

Design e città: quali trasformazioni

Facciamo un uso talmente spontaneo degli oggetti che ci circondano quotidianamente, da averlo interiorizzato e da non considerarlo più come il risultato di un continuo progetto di trasformazione.

Ai profondi cambiamenti qualitativi introdotti dal design nelle nostre vite, va aggiunto il dato quantitativo, il macroscopico dato quantitativo della enormità di prodotti di tutte le dimensioni, e per tutte le funzioni, che hanno invaso le nostre vite.

Lo sviluppo, la crescita e l’innovazione del design, in questi settanta anni, è paragonabile a un fiume in piena che, non sempre e con fatica, viene trattenuto dagli argini della coscienza ecologica.

Se lo sviluppo del design è paragonabile ad un fiume in piena le città sono come dei ghiacciai.

Apparentemente ferme le città sono in un continuo e lento movimento di estensione e dilatazione che, consumando sempre nuovo territorio, ne accentuano la naturale complessità.

 

Design e cittadini del futuro:

Ai margini del fiume in piena che alimenta il consumismo, senza tregua, ci sono dei momenti, o dei percorsi, potremmo dire dei “fiumi carsici”, che  hanno guardato, e guardano tuttora,  alla possibilità di riproporre e rafforzare il senso di comunità, di cittadinanza e di partecipazione.

In questo senso è utile operare il passaggio da “Design e città del futuro” a “Design e cittadini del futuro”.

 

Dalla comunicazione visiva

Dalla grafica di pubblica utilità al progetto di identità pubblica.

Dal linguaggio seduttivo a quello informativo con il superamento del City branding e lo sviluppo del Service design.

L’identità visiva delle istituzioni costituisce uno di quei passaggi attraverso i quali la stessa pratica democratica viene messa in essere.

 

… ai nuovi designer per i cittadini del futuro

Più complesso è il ragionamento che dobbiamo fare guardando a quell’area della progettazione che ci ostiniamo a chiamare: design del prodotto.

Forse  in questo caso è più utile partire dai designer, e non dai prodotti, per capire i possibili effetti sul “futuro”. I “giovani” designer sono un fenomeno che dovremmo sempre meglio  indagare.

 

I termini del cambiamento in corso

Fine del rapporto classico designer-industria. La centralità del fare-costruire sul prefigurare.

Il fenomeno makers come community di outsider, il cui scopo è la disintermediazione dei processi industriali e dei sistemi distributivi tradizionali.

Il superamento della ricerca del “nuovo stagionale” verso la ricerca di soluzioni a problemi reali con la perdita delle autoreferenzialità disciplinari e lo sconfinamento verso arte e scienza.

L’importanza dei progetti che si occupano di componentistica aperta e non di “oggetti” chiusi,

e la centralità del design attento all’innovazione degli strumenti necessari per diffondere le capacità realizzative:

Nuovi strumenti

Nuovi contesti operativi

Nuovi materiali

 

Questi esempi rappresentano il design italiano ? Difficile dare una risposta.

Perché sono una piccola parte  (un fiume carsico ?) rispetto al “sistema progettuale e produttivo” del paese.

Ma soprattutto perché rappresentano una generazione nata considerando l'Europa come la loro casa transnazionale con una totale libertà di movimento, una generazione interconnessa che guarda alla migrazione della cultura e dell'estetica come fatto naturale.

 

Per Edoardo Persico l’architettura era una “sostanza di cose sperate”.

Forse oggi il ruolo prioritario del design per la città del futuro è mantenere viva la speranza.